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Settembre: "Una parola al giorno" finito!✔
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Dal greco ekýprosis ‘conflagrazione’ composta da ek- ‘fuori, da’ e pŷr 'fuoco'
L’ecpirosi nella fisica stoica è la più colossale devastazione inimmaginabile - una distruzione che trova il suo mezzo nel fuoco. La dottrina stoica è rimasta celebre per l’affermazione della supremazia della ragione sulle passioni e nell’uso della filosofia come mezzo per dominare gli accidenti della vita; infatti per gli stoici il tempo non sarebbe lineare, ma circolare: al termine dell’anno cosmico il mondo verrebbe distrutto da una conflagrazione universale - l’ecpirosi - per poi rinascere con l’apocatastasi.
Il respiro cosmico di questa parola richiede di usarla in frangenti di gravità suprema - che possono essere descritti solo da una parola così alta e terribile.
Oggi parliamo con le lacrime agli occhi della tragica ecpirosi della Cattedrale di Notre-Dame e speriamo di vederla risorgere quanto prima dalle sue ceneri.
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La bolgia anticamente era la borsa, la bisaccia, il bagaglio; per estensione poteva assumere i significati di tasca, anche di rigonfiamento fatto da un vestito tagliato e cucito male, ma la sorte ha voluto che l’uso figurato che Dante fa di questa parola sia rimasto quale suo unico significato.
L’ottavo cerchio dell’Inferno di Dante bolgia ciascuna delle fosse in cui si articola: infatti paiono delle borse in cui sono raccolti i fraudolenti a seconda della specifica declinazione della loro frode. Inutile dire che l’ambiente all’interno delle bolge non è dei più sereni: i peccatori gridano e tentano di sfuggire ad atroci contrapassi; quindi la bolgia, da sacca diventa luogo di dolore e confusione.
Il sabato mattina ci si ritrova nella bolgia dell’ufficio postale; e alla fine della partita di calcio si scatena la bolgia nella zona dello stadio.
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La voragine infernale, Sandro Botticelli (ca. 1480–1495) - Disegni per la Divina Commedia (Biblioteca Apostolica Vaticana)
Questa è una parola che non capita spesso di sentire, ma che esprime un concetto comune con una sensualità straordinaria; vellicare significa solleticare - sia in senso concreto, sia in senso figurato.
Quanto è più colorita l’immagine della ragazza che sulla spiaggia vellica il petto del ragazzo che le piace, rispetto al banale solletico? Quanto è più esperto il cuoco che vellica il palato, rispetto alla piana stimolazione?
Insomma spesso i nostri discorsi temono la sensualità, ma cavalcarne la sfumatura apre possibilità espressive, meravigliose e vigorose.
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Dal genovese “mugugnu” questa parola arriva a noi come un brontolio o protesta a mezza voce. Non ci fa sollevare il sopracciglio leggere sui dizionari che si tratta di una parola di origine onomatopeica: si può pronunciare sia con i denti serrati che con le labbra appena schiuse.
Non è un brontolio lamentoso, piagnucoloso; il mugugno è titolo di protesta non polemica, aperta e conflittuale, insistente, ragionevole e molto discreta.
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Si tratta di una parola versatilissima, infatti è difficile definire una connotazione esatta.
Il connotato più diffuso di questo intenso guardare è quello di guardare con disprezzo o sdegno, quasi come una minaccia. Lo potremmo anche definire come uno sguardo agitato da spavento, eppure può esprimere uno sguardo stupito e interessato.
Insomma i colori di questa parola sono così variegati che sta al contesto definirli volta per volta: ma è proprio qui che risiede il suo potere.
Non è un grigio e neutro fissare, né un generico guardare: se si guata, si sa già che quello sguardo vigoroso è incendiato da un sentimento e quindi l’azione diventa più viva.
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