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Oggi vi propongo una poesia. E che poesia. Se vi va di leggerla, di commentarla. È densa. Carica di suggestioni. Di sacralità. Il glicine, Pier Paolo Pasolini
... e intanto era aprile,
e il glicine era qui, a rifiorire.
Prepotente, feroce
rinasci, e di colpo, in una notte, copri
un’intera parete appena alzata, il muro
principesco di un ocra
screpolato al nuovo sole che lo cuoce ...
E basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco rampicante, a farmi puro
di storia come un verme, come un monaco:
e non lo voglio, mi rivolto – arido
nella mia nuova rabbia,
a puntellare lo scrostato intonaco
del mio nuovo edificio.
Tu che brutale ritorni,
non ringiovanito, ma addirittura rinato,
furia della natura, dolcissima,
mi stronchi uomo già stroncato
da una serie di miserabili giorni,
ti sporgi sopra i miei riaperti abissi,
profumi vergine sul mio eclissi,
antica sensualità.
da “La religione del mio tempo”
Garzanti 1961
Mi piace, la sua etimologia. Deriva dal latino de-sidus: "senza-stelle" (se pensiamo al "de" come particella privativa; "dalle-stelle", se invece lo interpretiamo come "moto da luogo"). È dunque qualcosa che ha a che fare, a livello viscerale, con la lontananza dagli astri o con la loro assenza. Senza stelle, l'uomo si sentiva perduto e quel senso di vuoto (il de-siderio, per l'appunto) era colmato soltanto dall'apparizione di quei punti luminosi nell'oscurità. In antichità, molte divinazioni erano infatti possibili solo attraverso l'osservazione delle stelle, così come l'orientarsi. Questa parola assume un colore più intenso, se la si pensa in questa chiave. "E quindi uscimmo a riveder le stelle". Dante esterna il suo sollievo nel ritrovarle, dopo aver a lungo vagato nelle tenebre del regno di Lucifero (il quale, paradossalmente, è comunque "colui che porta luce"). E voi? Questa notte, figli delle stelle⭐ Con-siderate l'ipotesi!
Sì, lo so che anche voi siete affascinati dalle donne nud... ehm, volevo dire, dall'etimologia delle parole. Anche questa vi piacerà. Ancora una volta dal latino, PER "attraverso" e SONAR "risuonare". Sì, perché la "persona", nell'antica Roma, era la maschera di legno che gli attori indossavano durante gli spettacoli teatrali. Fungeva anzitutto da amplificatore per la voce (ecco il motivo del "risuonare attraverso"), era inoltre più grande del volto umano, perciò più visibile da lontano e celava l'eventuale emozione del teatrante, nascondendone gli occhi, il veicolo più immediato di peculiarità soggettive. In questo modo, il personaggio era sempre e facilmente riconoscibile, mai intaccato dalla mimica dell'attore. Nessuna inflessione individuale avrebbe corrotto le sue caratteristiche originali, quelle più vere. Insomma, vi lascio riflettere su questa derivazione. Maschera-persona-personaggio-individuo. Realtà-finzione-iperrealtà. Chi nasconde chi? Chi esalta chi? Chi vede chi? Pirandello avrebbe sicuramente voce in capitolo. Buongiorno! #unonessunoecentomila #luigipirandello
Ore 6.47. Corsetta rigenerante. Ri-generare. La madre, per eccellenza, è l'essere che genera e sa ri-generare se stesso. Un po' come il sole. Dà vita e sa rinnovare la propria. Dona respiro e sa accogliere aria nuova. Trasforma abissi di dolore, di oscurità, in vette di gaudio, di luce.
Soliti 7km fatti. Smaltito solo la sorpresa, dell'uovo. Buongiorno!☀️
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La Pasqua è, tornando alle sue radici aramaiche, il passaggio. Lo zoppicare, il saltare oltre qualcosa. Ecco allora il concetto biblico di liberazione, di resurrezione, di cambiamento. "Ma non ci avevi promesso il demoniaco per questi giorni" Eccomi. Caliamoci nel mito tedesco di Faust, l'uomo che, attraverso il patto con Satana, ottiene giovinezza e piaceri terreni in cambio della propria anima. "E cosa c'entra?" Un momento. Da qui, scendiamo ulteriormente in profondità, verso il Faust di Goethe. Dottore dalla cultura sconfinata, egli si strugge perché il sapere che già possiede non è, per lui, sufficiente. Vive in uno stato di continua ricerca. Il suo anelito non è mai placato. Vuole nuovo piacere. Si dedica anche all'esoterismo, alla magia. È il Sabato Santo. Immerso in un delirio di insoddisfazione, nostalgia e tensione (Sehnsucht e streben Romantici), sta per trangugiare una coppa di veleno, quando le campane che suonano a festa lo distolgono, riportandogli un lampo di felicità, una suggestione infantile e fermando il gesto estremo. Il giorno successivo, giorno di Pasqua, dopo la passeggiata tra i contadini in festa, Faust rientra in studio con il proprio assistente, seguito da un cane barbone nero, che crescendo sino a prendere sembianze umane, si rivela nella sua essenza diabolica. È Mefistofele. Egli propone a Faust la soluzione al suo imperterrito cercare: piaceri, giovinezza e potere terreno in cambio di servigi eterni. Faust, più avanti accetterà, addirittura sfidando il Demonio. Gli proporrà un contro-patto, secondo il quale, se il maligno fosse riuscito realmente a trovare qualcosa che lo avrebbe pienamente soddisfatto, allora gli avrebbe lasciato in pasto la sua anima per l'eternità. La tragedia prosegue allora in un viaggio sublime tra godimento e disperazione, in una commistione di magia, spiritualità, conoscenza e dannazione. La Pasqua rappresenta anche qui, allora, un passaggio. Il passaggio determinante verso il viaggio, il riscatto, la soluzione (non-soluzione). Comunque... Uovo al latte o fondente Buongiorno!
Lo so che voi non lo sbagliate. Lo so. Infatti vi amo parecchio. Ma pubblico questo post così che possiate diffondere il verbo (oh, ma avete notato il gioco di parole "Diffondere il verbo", la mia parola - in stile biblico - epperò parliamo realmente di verbi. Sì o no). Ognuno di voi saprà con chi sfoderarlo, tipo arbitro, col cartellino rosso o tipo sacerdote, col santino (dipende dalla vostra fede). Fermiamo l'uso improprio dell'indicativo a discapito del congiuntivo. Condividiamo. Ho ridotto le regole all'osso, per renderle più fruibili, più semplici da memorizzare. Potrebbe diventare un mantra da meditazione♂️, o una preghiera . Ripetiamo insieme e diciamo:
1) Dopo il "che", GENERALMENTE, ci vuole il congiuntivo! (Ho detto generalmente. C'è qualche eccezione, poi ve la dico, non vi agitate). La frase corretta, dunque, è: "pensavo (che) fosse giusto".
2) Va il congiuntivo anche dopo: benché, sebbene, nonostante, malgrado, purché, affinché, come se, per quanto, nel caso (in cui). 3) È necessario anche nei periodi ipotetici di secondo e terzo tipo ("Non viaggerei se non avessi denaro"/"Ti avrei chiamato, se l'avessi saputo prima"). 4) NON va invece il congiuntivo dopo questi costrutti: secondo me, forse, probabilmente, poiché, dopo che, siccome, dato che.
5) NON va nemmeno dopo le espressioni che esprimono certezza ("È ovvio/è palese/non dubito/è naturale/è certo che si è sbagliato"). Amen.
Questo in linea generale. Se avete dubbi, chiedete pure!Oggi grammatica da lavagna e gessetto bianco. Contenti Poi vacanza, dai. Lo so che è Pasqua. Al massimo solo qualche altro aneddoto su Satana.☺️ Buongiorno!
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È un'espressione (palesemente) latina che significa "una volta soltanto", "eccezionalmente". Non vuol dire "una volta ogni tanto", "certe volte".
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Mi viene l'orticaria. Sappiatelo, ma vi scrivo comunque gli esempi: "un occhiale alla moda", "un pantalone a sigaretta", "uno stivale pitonato", "una mutanda sgambata", "il capello grasso".☠️ Sono nomi plurali. Basta, per favore. (La loro forma singolare esiste, ma, correttamente parlando, indica solo una parte delle due che costituisce tali oggetti. Se mi cadesse del caffè sui pantaloni, ad esempio, e mi macchiassi solo la parte destra, potrei dire: mi sono sporcata il pantalone con il caffè. Finisce qui. Non voglio sentire altro.)
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