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Una triste e allarmante notizia ha scosso Bologna e il mondo del calcio.
Mister Sinisa Mihajlovic è costretto a lasciare momentaneamente l’incarico per seri problemi di salute. “Lottare sempre, mollare mai”. Ce lo hai insegnato tu mister.
In bocca a lupo di vero cuore
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#romanzocalcistico #mihajlovic #bologna #calcio
"Ho lasciato l’Australia e la famiglia a 14 anni con due sogni: giocare in A e vestire la maglia della Nazionale. Quasi mi scoppiava il cuore quando Cesare Maldini, un secondo padre per me, mi chiamò in Under 21: prima di ogni gara andavo in bagno e piangevo fra gioia e tensione. Rappresentare il proprio Paese è la cosa più eccitante per me. Io sputavo sangue per la Nazionale, uscivo distrutto dopo ogni gara, non ammettevo altro modo di interpretare certe partite. E quelli che tirano indietro la gamba anche una sola volta, non li farei nemmeno più entrare a Coverciano. Cosa provai quando l’immagine di Cannavaro con la Coppa al cielo fece il giro del mondo? Ero distrutto, inizialmente evitavo anche solo di pensarci. Mi dicevo: ho faticato per anni, ho segnato 9 gol ai Mondiali e mi perdo il sogno di una vita per un infortunio. Poi, però, nel mio cuore ho gioito con tutti quei ragazzi, compagni di sempre in azzurro: era la nostra generazione, e che generazione! La più forte che l’Italia del calcio abbia mai avuto, assieme a quella del 1982. Vincemmo nel 2006, ma forse il top lo avevamo toccato nel 2002... se non fosse stato per quel personaggio losco (Byron Moreno n.d.r.)... Avevamo giocato insieme dai 17 anni in avanti, eravamo stati campioni d’Europa anche con l’Under 21. Certo, quella sera a Berlino era tutto perfetto, mancavo solo io..." [Cristian Vieri]
Buon compleanno al "bomber" d'Italia, tanti auguri a Bobo Vieri.
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#romanzocalcistico #vieri
«Chi mi ha messo più in difficoltà? Cassano. Quando voleva, era imprendibile. Ricordo una partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico “Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte”. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoio mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto...».
[Walter Samuel, Gazzetta dello sport]
Croce e delizia, genio e sregolatezza, spesso indisponente, a tratti devastante.
Compie gli anni Antonio Cassano, uno dei più grandi talenti e rimpianti del nostro calcio.
Tanti auguri Fantantonio
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#romanzocalcistico #cassano #samuel #calcio
11 luglio 1982: L'Italia vince il suo terzo titolo mondiale in Spagna. Forse però la foto più celebre del "mundial spagnolo" è proprio questa.
Una partita a carte, una partita a scopone per l’esattezza. Al tavolo il capitano della nazionale Zoff, l’allenatore Bearzot, Franco Causio e il Presidente della Repubblica Pertini. Gli accoppiamenti sono Zoff-Pertini, Bearzot-Causio. Il tavolo è quello dell’aereo che riporta a casa gli azzurri dopo la trionfale finale. Sul tavolo, in primo piano, la Coppa del Mondo.
Bearzot non è un gran giocatore e al tavolo doveva sedere Cesare Maldini (allora allenatore in seconda). Ma Maldini si alzò nel momento sbagliato e la partita iniziò senza di lui. Di quel “match” Causio ricorda il punto decisivo, neanche fosse una partita di calcio: “Io ero in coppia con Bearzot, il presidente con Zoff. Io feci una furbata: calai il sette, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello. Abbiamo vinto così quella partita.”
Pertini si arrabbiò con Bearzot, per la giocata, e con Zoff, accusandolo di averlo fatto perdere. Il presidente amava giocare, ma non era una gran giocatore e in quell’occasione fu lui a sbagliare. Ma non lo ammise mai in pubblico, così come nulla disse Zoff. Ma a distanza di un anno, quando il portiere appese i guantoni al chiodo, Pertini mandò un telegramma al compagno di scopone, ammettendo la colpa della sconfitta: “Caro Zoff, io non dimenticherò mai la tua bravura nel Mundial et la tua bonarietà quando io, tuo compagno, in una partita a scopone sull’aereo che ci riportava a Roma ti ho fatto perdere... Vieni a trovarmi, giocheremo a scopone e cercherò di non fare più gli errori che mi hai giustamente rimproverato.
Auguri mio caro Zoff.” Uomini d'altri tempi, uomini che hanno fatto la storia. Campioni del mondo per la terza volta.
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#romanzocalcistico #italia #campionidelmondo #1982
"Durante tutti i rigori sono stato fermo per quasi tutto il tempo, una statua.
Nel cerchio del centrocampo, prima dei rigori, non volevo vicino nessuno. Sono napoletano, quindi scaramantico... Prima dell'ultimo però mi si è avvicinato Pirlo. Mi ha persino abbracciato, incurante della possibile sfiga in agguato. “Ecco, ci siamo” è stato il mio primo pensiero.
“È finita, abbiamo perso...” Ho pensato.
Non ho esultato né per i nostri palloni buttati dentro, né per l’errore di David Trezeguet.
Così arriviamo a Fabio Grosso, che si è alzato e ha cominciato a camminare verso il dischetto. A quel punto, Andrea mi ha quasi sussurrato: «Fabio…».
«Dimmi, Andrea.»
«Avrei una domanda: se Fabio fa gol, abbiamo vinto il Mondiale?»
«Sì, Andrea.»
«Ma sei sicuro?»
«Sì, Andrea.»
Era completamente andato. Non connetteva. Né lui, né io, né gli altri. Abitanti di un’altra dimensione, quasi padroni della Terra, ma allo stesso tempo marziani..." [Fabio Cannavaro, "La nostra bambina"] 9 luglio 2006, chi dimentica non è italiano.
#Campionidelmondo
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#romanzocalcistico #italia
“Non si vive di ricordi”, “Il calcio italiano va a rotoli e ancora ricordiamo le vittorie di tredici anni fa”, “Basta ricordare sempre quel mondiale”... Ne ho letti molti oggi e onestamente, pur sforzandomi davvero tanto, non riesco a trovare una spiegazione a commenti del genere riguardo al ricordo di quel 9 luglio 2006, la sera del quarto mondiale italiano.
Per quale motivo oscuro non dovremmo ricordare una cosa così bella?
Ma se non ricordiamo le cose belle, i bei momenti passati, le gioie più grandi, cosa dovremmo ricordare?
A riguardo mi viene in mente una meravigliosa frase di Bob Dylan: “Abbi cura dei tuoi ricordi perché non puoi viverli di nuovo”. Esattamente.
Man mano che si cresce capiamo che nelle nostre risicate vite, sempre se sei fortunato, sono pochi i momenti indimenticabili che rimangono impressi nei nostri cuori, che scandiscono felicemente il nostro cammino.
Qualcuno dice che ne siano cinque o sei al massimo in tutta una vita.
E io posso tranquillamente ammettere che quel 9 luglio 2006 è stata per me una di quelle sere indimenticabili.
Sentire l’inno di Mameli prima di una finale di Coppa del Mondo non sono cose che capitano tutti i giorni.
E poi quel rigore...
Quel Rigore che ancor prima di essere calciato da Grosso sapeva già di storia, sapeva già di gloria.
Quella eterna.
Lo si vedeva dallo sguardo, dal labbro che si mordeva mentre aspettava il fischio.
Lui era troppo convinto, lui era tutti i suoi compagni, lui era tutti noi messi insieme.
Poi la Coppa alzata al cielo da capitan “Caaannaavaro” in Germania, davanti ai francesi, l’esplosione di felicità, pelle d’oca, occhi lucidi... Non riuscivo a controllare il mio corpo, ricordo tutto perfettamente.
Anche perché come fai, come puoi dimenticare?
Voi, se ci riuscite, fate pure.
Io invece ricorderò sempre, ogni 9 luglio, come fosse il mio compleanno, quell’indimenticabile ed emozionante Romanzo Calcistico Azzurro... Sopra Berlino.
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#romanzocalcistico #italia #9LUGLIO2006 #campionidelmondo
Quel giorno di febbraio di diciannove anni fa ad Upton Park, tra il West Ham di Di Canio, dei giovani Joe Cole, Lampard, Rio Ferdinand, Carrick e il modesto Bradford, doveva essere un semplice match di metà stagione. Nulla di più.
Invece è passata alla storia come una delle partite più pazze ed emozionanti mai viste in quella stagione, e forse, nella storia recente del calcio britannico.
Protagonista assoluto, nel bene e nel male: Paolo Di Canio.
I Citizens di Bradford, fino al 65′, conducevano sorprendentemente per 4-2 sui più quotati Hammers e Di Canio, ispiratissimo, le stava provando tutte per cercare di riprendere la gara. Ma il disastroso arbitro del match, Neale Barry, negò tre rigori nettissimi all’italiano che, portato all’esasperazione dal fischietto inglese, si lasciò andare ad un pittoresco sfogo in diretta. «Stavamo perdendo 4-2 e l’arbitro non ci fischiò l’ennesimo rigore su Di Canio.» Racconterà un Harry Redknapp divertito, all’epoca allenatore degli Hammers, ad una trasmissione TV. «Così Paolo, arrabbiatissimo, venne verso la panchina facendo il “gesto del cambio” e urlando come un matto. “I don’t play! I don’t play'”, si sedette a terra e si tolse pure le scarpe (ride n.d.r.). Dopo pochi istanti però, dagli spalti cominciano tutti a cantare “Paolo Di Canioo, Paolo Di Canioo!”. All’improvviso cambia espressione, salta in piedi, e rientra in campo. Dopo pochi minuti, l’arbitro ci concede un rigore: Lampard prende il pallone, ma Di Canio arriva e glielo toglie. Frank insiste, ma Paolo gli urla di lasciare il pallone. Era un tirarsi continuamente la palla tra di loro…»
Chi l’ha tirato il rigore alla fine? Che domande…
«Piazza il pallone, prende la rincorsa e tira con tutta la sua rabbia, segnando. Poi, poco più tardi (nel frattempo gli Hammers pareggeranno i conti con Joe Cole n.d.r.), Paolo riceve palla a metà campo, salta due avversari e mette al centro, facendo segnare un suo compagno (proprio Lampard, per la cronaca n.d.r.)… 5-4!». Un giorno di follia calcistica al Boylen Ground. Un giorno alla Paolo Di Canio.
Tanti auguri Paolo
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"Se chiudo gli occhi e ripenso al Milan fino al 2011, vedo un’altra squadra, sotto tutti i profili. Io ragiono secondo certi valori che mi hanno trasmesso Albertini, Costacurta e Maldini. In carriera sono stato multato solo una volta, per un ritardo. Mi ero addormentato. Non sto dicendo che a quell’epoca vivessimo in clausura, ma quando ci allenavamo andavamo a mille all’ora. Se si perdeva male, a me non veniva nemmeno in mente di farmi vedere all’Hollywood o da qualche altro locale. Ormai ero arrivato a un punto in cui il lunedì mattina avevo ansia quando uscivo di casa. Se andava male la squadra mi vergognavo a uscire, anche se la mia coscienza era pulita. Vi faccio un esempio emblematico: quando Bacca fu sostituito col Carpi e lasciò il campo senza aspettare la fine e senza salutare chi entrava, nello spogliatoio lo ribaltai. Ebbene, mi sono girato e non c’è stato nessuno che mi abbia supportato. Evidentemente certe cose o non si hanno dentro, o proprio non interessano.
Ai miei tempi Gattuso avrebbe tirato fuori il coltello...". [Christian Abbiati]
Tanti auguri Christian
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A 36 anni difficilmente un brasiliano arriva a questi livelli.
A 36 anni è quasi impossibile che un brasiliano continui ad essere così competitivo.
Ma Dani Alves non lo sa e continua a strabiliare, a fare incetta di trofei.
Con la Copa America di ieri, sono esattamente 40 titoli. Quaranta!
Nessuno mai come lui.
E che Copa poi...
Giocata a livelli altissimi, con sombreri, no look, passaggi filtranti, oltre che alla sua solita stabilità in fase difensiva, tanto da meritarsi il premio di “Miglior giocatore del torneo”. Meritato.
Meritassimo.
Questo Dani Alves qui, sembra non voler invecchiare mai.
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